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Stereotipi e pregiudizi: quando la diversità diventa ostilità

14 ottobre 2019Dott.ssa NegriSocietà

Forse non tutti ricorderanno un sondaggio lanciato nel 2018 da una pagina attiva su Facebook. La domanda, corredata dalla foto di un personaggio, era più o meno la seguente: 

“Questo è Tarim Bu Aziz. Per una maggiore integrazione chiede di introdurre i numeri arabi nelle scuole italiane. Tu cosa gli rispondi?”

In verità i numeri arabi (1, 2, 3…) rappresentano il sistema numerico attualmente utilizzato in Europa, introdotto nel XIII secolo d.C. da Fibonacci. I numeri arabi hanno sostituito quelli romani (I, II, III…), ritenuti troppo complicati per essere utilizzati nelle operazioni di algebra. Ma il punto non è questo: la domanda, volutamente ironica e provocatoria, intendeva in realtà testare la reazione dei lettori all’idea dell’introduzione di un elemento di estrazione araba nella nostra cultura. 

Moltissime persone hanno purtroppo ceduto al tranello, postando risposte critiche e sprezzanti, del tipo: “I numeri arabi li tengano a casa loro, da noi ci sono già i numeri nostri!”. Chi tra gli utenti ha invece capito che i numeri arabi sono in realtà quelli che utilizziamo quotidianamente ha tacciato il sondaggio di razzismo. 

Il sondaggio rappresenta un’ottima occasione per riflettere su quanto la nostra vita sia pervasa da pregiudizi e stereotipi. Cosa intendiamo con questi termini?

Il pregiudizio rappresenta un giudizio preconcetto rivolto verso un gruppo o suoi singoli membri. Come indica la parola, il pre-giudizio è formulato a priori, ossia senza una conoscenza diretta del gruppo a cui ci si riferisce. Nonostante non tutti i pregiudizi abbiano carattere negativo, le generalizzazioni insite nel pregiudizio sono errate e inflessibili. E così, come abbiamo visto, persino i numeri arabi possono trasformarsi in una minaccia.  

Il pregiudizio è a sua volta sostenuto da stereotipi, ossia credenze circa le qualità di determinati individui. Gli stereotipi sono spesso imprecisi e, soprattutto, difficili da modificare, anche in presenza di nuove informazioni. 

Stereotipi e pregiudizi possono generare comportamenti discriminatori ingiustificati: le cronache attuali ci dimostrano quanto alcune categorie di persone siano vittime di violenza sulla base del colore della pelle, del credo religioso o del genere. La storia, d’altro canto, ci ricorda fenomeni quali l’apartheid, il suffragio universale maschile e l’olocausto.

Crediamo veramente che tutte le persone con la pelle scura siano pericolose? Tutte le donne sono meno abili alla guida e “più emotive”? Tutte le persone di una religione diversa dalla nostra sono fondamentaliste? La risposta, naturalmente, è negativa. 

Al giorno d’oggi il pregiudizio assume forme più sottili e implicite rispetto ad epoche storiche precedenti, tuttavia non manca di influenzare l’attenzione, i ricordi, i giudizi e le modalità di interazione con gli altri. Proprio per questo motivo è necessario chiedersi se possano esistere dei rimedi. Uno dei tentativi più strutturati di rispondere a questa domanda è stato portato avanti da Gordon Allport (1954), secondo cui l’interazione prolungata tra individui appartenenti a gruppi diversi ha il potere di ridurre pregiudizi e tensioni. Il contatto, quindi, rappresenta uno strumento prezioso per permettere agli individui di scoprire somiglianze trai valori e atteggiamenti propri e dell’altro. Permetterci di vivere l’esperienza diretta dell’altro può aiutare a ridurre la distanza tra ciò che è famigliare e ciò che è sconosciuto, per far sì che la diversità non diventi aprioristicamente sinonimo di ostilità. 

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Dottoressa Eleonora Negri, Via Scuole Vecchie 2 - Valbrembo (BG)