Forse non tutti ricorderanno un sondaggio lanciato nel 2018 da una pagina attiva su Facebook. La domanda, corredata dalla foto di un personaggio, era più o meno la seguente:
“Questo è Tarim Bu Aziz. Per una maggiore integrazione chiede di introdurre i numeri arabi nelle scuole italiane. Tu cosa gli rispondi?”
In verità i numeri arabi (1, 2, 3…) rappresentano il sistema numerico attualmente utilizzato in Europa, introdotto nel XIII secolo d.C. da Fibonacci. I numeri arabi hanno sostituito quelli romani (I, II, III…), ritenuti troppo complicati per essere utilizzati nelle operazioni di algebra. Ma il punto non è questo: la domanda, volutamente ironica e provocatoria, intendeva in realtà testare la reazione dei lettori all’idea dell’introduzione di un elemento di estrazione araba nella nostra cultura.
Moltissime persone hanno purtroppo ceduto al tranello, postando risposte critiche e sprezzanti, del tipo: “I numeri arabi li tengano a casa loro, da noi ci sono già i numeri nostri!”. Chi tra gli utenti ha invece capito che i numeri arabi sono in realtà quelli che utilizziamo quotidianamente ha tacciato il sondaggio di razzismo.
Il sondaggio rappresenta un’ottima occasione per riflettere su quanto la nostra vita sia pervasa da pregiudizi e stereotipi. Cosa intendiamo con questi termini?